Essere un adolescente è impegnativo in ogni circostanza della vita, e questa emergenza COVID-19 rende il tutto ancora più difficile.
Con la chiusura della scuola e le misure restrittive che impongono l’isolamento sociale e l’impossibilità all’incontro e alla frequentazione sociale, all’attività sportiva e all’accesso ai luoghi di aggregazione, gli adolescenti sono stati bruscamente privati di tutta una serie di esperienze sociali, gruppali, di esperienze dello stare e andare nel mondo, dello sperimentare e del fidarsi, che sono fondamentali in questa fase evolutiva.
Nell’adolescenza la socialità è fondamentale non soltanto come momento di svago e di aggregazione impostata sull’intrattenimento (ci vediamo ai pacchetti, al centro commerciali, in palestra, a fare l’aperitivo etc.), ma soprattutto come importante momento di costruzione della propria identità di individui che presto saranno adulti attraverso le esperienze con i propri pari, con gli altri adulti, con la comunità, con le opportunità e insidie dello stare nel mondo.
Viceversa la famiglia diventa il campo relazionale in cui mettere in gioco quel dialogo, fatto di scontro e c0nfronto, di esempio e di differenziazione, altrettanto fondamentale per il processo di individuazione e separazione. C’è bisogno di porre delle distanze e dei confini rispetto ai genitori e rispetto alla spazio-tempo famiglia, distanze che sono funzionali alla crescita e che l’emergenza COVID-19 ha reso molto più complicate.
Scrive Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e docente all’università di Milano: “Sugli adolescenti ci sono due aspetti da sottolineare. Da una parte si sono imbattuti nella dimensione della responsabilità e sacrificio in maniera potente. Nulla è più impegnativo che togliere la libertà a una persona e noi gli abbiamo chiesto di stare “imprigionati” proprio in una fase della vita che per definizione deve stare nel fuori, vivere di esplorazione e di relazione. Per loro, dentro questo sacrificio c’è anche un allenamento alla vita che forse come genitori del terzo millennio non avremmo mai immaginato di dover imporre, convinti come eravamo di crescerli felici, senza fatica e senza frustrazioni. È un momento di formazione che fino a metà del secolo scorso tutti facevano, nella prima parte delle loro esistenze: o si andava in guerra o si vedevano da vicino le conseguenze della guerra, c’era questa dimensione di preparazione all’adultità nel percorso di crescita. Ora, questa non è una guerra, abbiamo il frigo pieno e tutte le sicurezze che ci servono, ma certamente stiamo chiedendo loro una quantità di sacrifici impensabili pochi giorni fa e ora necessari.
Inoltre l’adolescenza è l’epoca della vita in cui ci si confronta con il senso del limite e del pericolo, e con il bisogno di trasgredire, di sfidare il pericolo. Gli adolescenti possono dunque essere tentati a sottovalutare e sfidare il rischio, non applicando scrupolosamente le misure protettive e disattendendo le regole imposte dalle ordinanze.
Stiamo chiedendo tanto agli adolescenti e la maggior parte di loro si stanno dimostrando all’altezza dei sacrifici e delle prove di responsabilità civile che stiamo chiedendo loro. Si stanno mostrando responsabili nei confronti collettività, stanno rinunciando al loro bisogno di trasgredire e stare fuori dagli schemi e sentono che l’unione fa la forza, fra loro si stanno dicendo “non usciamo”, in una sorta di educazione tra pari.
Come possiamo comunque aiutarli ad affrontare questo tempo difficile?
Fra le tante proposte, vi è un interessantissimo libricino su adolescenti e coronavirus dal titolo “Noi, adolescenti ai tempi del coronavirus”realizzato dalle colleghe psicoterapeute Anna Rita Verardo e Giada Lauretti per un progetto che l’Associazione EMDR porta avanti con il Ministero dell’Istruzione e mira appunto ad aiutare a far comprendere meglio questo difficile momento agli adolescenti.
Rimandi bibliografici:
Dialogo con Alberto Pellai, Rivista VITA, numero di Aprile 2020, pagg. 66-67.