Combattere pregiudizi, stereotipi negativi e lo stigma sociale associato a Covid-19

Da febbraio siamo quotidianamente bombardati da informazioni negative, ansiogene, spesso contrastanti  e tutta una serie di parole ricorrenti possono riecheggiare nella nostra mente, portandosi con sé emozioni negative di ansia, paura, preoccupazione e rabbia: contagio, isolamento, distanziamento sociale, virus cinese, casi sospetti, quarantena.

Queste e altre parole usate nella comunicazione del nuovo coronavirus possono generare stereotipi e promuovere, anche inconsapevolmente, atteggiamenti discriminatori e avere un impatto negativo su chi viene colpito dalla malattia o su chiunque in qualche modo viene percepito in collegamento con il virus e l’epidemia con il rischio di favorire proprio la diffusione della Covis-19.

Ma cos’è lo stigma sociale e come agisce nel contesto della salute?

Per stigma sociale si intende in generale un insieme di convinzioni ed atteggiamenti diretti a classificare in modo negativo determinate caratteristiche di una persona o di un gruppo di persone, considerandole riprovevoli e deleteri, e dunque tali da legittimare la disapprovazione e la discriminazione sociale.

Nel contesto della salute è l’associazione negativa tra una persona o un gruppo di persone che hanno in comune determinate caratteristiche e una specifica malattia.

In una epidemia, quale è quella attualmente in corso con il COVID19, ciò può significare che le persone si ritrovino ad essere stigmatizzate nel senso di venire etichettate negativamente, colpite da pregiudizi e stereotipi, e in quanto tali discriminate, isolate o allontanate ed essere soggette a perdita di status a causa di un legame percepito con la malattia.

Tale esperienza può avere un effetto negativo sulle persone colpite dalla malattia, nonché sui loro caregiver, sulla loro famiglia, sui loro gli amici e sulla loro comunità. Anche le persone che non hanno la malattia ma condividono alcune caratteristiche con questo gruppo possono essere oggetto di stigma.

L’attuale epidemia di COVID-19 sta provocando tutto questo, si stanno riscontrando sempre più fenomeni di  stigma sociale e comportamenti discriminatori nei confronti di persone appartenenti a determinate etnie e di chiunque si ritenga essere stato in contatto con il virus.

Informazioni sbagliate, voci infondate e disinformazione in generale stanno contribuendo allo stigma e alla discriminazione ostacolando gli sforzi di contenimento dell’epidemia.

Per contrastare questo fenomeno l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), in collaborazione con Ifrc (International Federation of Red Cross e Red Crescent Societies) e Unesco, ha messo a punto una guida per prevenire e affrontare lo stigma sociale associato a Covid-19, rivolta alle istituzioni governative, ai media e alle organizzazioni locali che lavorano nel campo della nuova malattia da coronavirus.

Il documento include raccomandazioni del Johns Hopkins Center for Communication Programs, READY Network. E’ la traduzione italiana di “Social Stigma associated with COVID-19” prodotto da IFRC (International Federation of Red Cross, and Red Crescent Societies), Unesco e WHO, ed è accessibile da questo link:

stigma sociale associato a COVID 19

La guida nasce con lo scopo di ricordare che il linguaggio usato e le parole possano favorire stereotipi o ipotesi negative, rafforzare false associazioni tra malattia e altri fattori, generare preoccupazione eccessiva o immotivata e colpevolizzare coloro che sono stati colpiti dalla Covid-19. Allo stesso tempo possono generare resistenza a farsi controllare, a sottoporsi a test di screening, a curarsi e a stare in quarantena.

Perché il COVID-19 sta causando tanto stigma sociale?
Perché

  1. è una malattia nuova per la quale esistono ancora molte incognite;
  2. abbiamo spesso paura dell’ignoto;
  3. è facile associare questa paura agli “altri”, identificando un bersaglio verso cui dirigerla, insieme alla rabbia.

Le evidenze scientifiche mostrano chiaramente che lo stigma e la paura nei confronti delle malattie trasmissibili ostacolano l’assunzione da parte delle persone di comportamenti corretti e responsabili sia ai fini preventivi e protettivi, sia in termini di solidarietà ed empatia che contribuiscono anch’essi a ridurre il potenziale impatto dannoso di un’epidemia.

E’ fondamentale creare fiducia nei servizi sanitari e nelle raccomandazioni sanitarie affidabili, mostrare empatia con le persone colpite, spiegare la malattia e adottare misure efficaci e facili da mettere in pratica in modo che le persone stesse possano proteggersi e possano proteggere i propri cari.

Il modo con cui le autorità, i cittadini, i media, gli influencer chiave e la comunità  parlano di COVID-19 è fondamentale per supportare le persone a intraprendere azioni efficaci per aiutare a combattere la malattia e per impedire di alimentare la paura e lo stigma. È necessario creare un clima in cui la malattia e il suo impatto possano essere discussi e affrontati in modo aperto, onesto ed efficace.

Ecco alcuni suggerimenti su come affrontare il crescente stigma sociale e come evitarlo:

1. Le parole contano: è fondamentale usare un linguaggio che sia rispettoso delle persone e che possa essere facilmente recepito, un linguaggio che non etichetta e disumanizza. Alcuni esempi: non parlare di “virus cinese” ma di COVID-19 (che non stigmatizza nessuno); parlare di “persone che hanno COVID-19“, “persone che sono in cura per COVID-19“, “persone che si stanno riprendendo da COVID-19” o “persone che sono morte dopo aver contratto COVID-19“, non riferirsi i a persone con la malattia come “casi COVID-19” o “vittime“. Evitare espressioni come “sospetti COVID-19” o di “casi sospetti“, o espressioni come persone che “trasmettono COVID-19“, “infettano gli altri” o “diffondono il virus” che rimandano all’idea di una trasmissione intenzionale e attribuiscono dunque implicitamente una colpa. Evitare parole iperboliche e ansiogene come “peste”, “apocalisse”. Enfatizzare o soffermarsi sul negativo o sui messaggi di minaccia.

2. Fai la tua parte:  fornire informazioni semplici e chiare, accurate e specifiche per ogni paese e comunità, per quanto riguarda: le aree interessate, la vulnerabilità individuale e di gruppo a COVID-19, le opzioni di trattamento e cosa fare per avere assistenza sanitaria e informazioni sulla malattia; coinvolgere gli influencer sociali (es. persone famose, celebrità, referenti religiosi autorevoli); portare testimonianze positive (la storia di persone che sono guarite o che hanno supportato una persona cara durante la malattia, di volontari nel dar aiuto e supporto, di medici e operatori sanitari nel raccontare il loro lavoro quotidiano di soccorso e cura); assicurarsi di rappresentare diversi gruppi etnici (tutti i materiali prodotti dovrebbero mostrare diverse comunità colpite dal COVID 19 che lavorano insieme per prevenirne la diffusione); seguire un “giornalismo etico”; promuovere messaggi e comportamenti di solidarietà e unità. 
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3. Suggerimenti e messaggi utili per la comunicazione: correggere le credenze sbagliate, promuovere l’importanza della prevenzione, delle azioni salvavita, dello screening precoce e della cura, condividere racconti che generano empatia o storie che umanizzano le esperienze e le difficoltà delle persone o dei gruppi di persone colpiti dal nuovo coronavirus (COVID-19); comunicare supporto e incoraggiamento per coloro che sono in prima linea nella risposta a questa epidemia (operatori sanitari, volontari, leader della comunità ecc.).

I fatti, non la paura, fermeranno la diffusione del nuovo coronavirus (COVID-19). 

Ogni cittadino può fare la sua parte:
Condividendo fatti e informazioni accurate sulla malattia.
Combattendo  miti e stereotipi.
Scegliendo le parole con attenzione.