Lo stress. Quando diventa nocivo? Perché l’aiuto psicologico è importante.

Numerosi studi dimostrano come uno stress intenso e cronico produca effetti negativi sul nostro cervello e su tutto il nostro equilibro psicofisico, compromettendo la nostra capacità di godere della vita e di affrontare le piccole e grandi sfide della quotidianitàcosì come illustrato in maniera molto chiara in questo video, realizzato da Madhumita Murgia.

Come abbiamo visto nell’articolo ‘Lo stress – Una medaglia a due facce – lo stress non è sempre negativo.  Anzi è quel meccanismo, in noi innato, di mobilitazione massiva e rapida delle risorse cognitive, emotive, neurofisiologiche che ci permette di affrontare quelle sollecitazioni ambientali e/o richieste interne, che percepiamo in termini di squilibrio e di imprevisto rispetto alle nostre risorse e bisogni, e di affrontarle con esito positivo per noi stessi, il nostro benessere e per tutto ciò che ci sta a cuore (lavoro, affetti, relazioni, obiettivi personali, ecc.).

Quando dunque lo stresso diventa nocivo?

Quando le richieste sono eccessivamente gravose, difficili o durano troppo a lungo, superando quindi le possibilità di compensazione individuali. Lo stress cronico è molto nocivo. 

Sottovalutare l’impatto che in questi casi lo stress può avere sulla nostra vita, porta a conseguenze importanti sulla salute psicofisica, facendo insorgere tutta una serie di sintomi che interferiscono con la nostra qualità di vita e ci rendono ancora più difficile affrontare i vari compiti e problemi della quotidianità, innescando un circolo vizioso. Lo stress può addirittura provocare cambiamenti negativi a livello cerebrale e neurofisiologico.

Numerosi studi scientifici mostrano che lo stress cronico può influenzare le dimensioni del cervello, la sua struttura e come funziona, fino al livello dei nostri geni.

Ecco perché in questi casi può essere molto importante chiedere aiuto ad uno specialista, ad uno psicoterapeuta – per ‘invertire la rotta’- e riportarsi su uno stile di vita più sano e su una modalità più appropriata di gestire le pressioni e le prove della vita quotidiana.

Quali sono i campanelli di allarme da non sottovalutare?

Disturbi del sonno (difficoltà ad addormentasi, risveglio precoce, sonno disturbato e non ristoratore),  disturbi digestivi o diarrea, palpitazioni, appetito a volte mancante a volte eccessivo, cefalea da tensione, dimenticarsi piccole cose, senso di stanchezza e debolezza, ansia e irrequietezza, incapacità di attenzione e concentrazione, aumentato consumo di sigarette o tranquillanti o stimolanti, il sentirsi sopraffatto o isolato, calo del desiderio sessuale, tremori o tic nervosi, per citarne alcuni.

Quando ci rendiamo conto che alcuni di questi segnali stanno diventando prevalenti e persistenti nella nostra vita e interferiscono con la nostra capacità di affrontare la quotidianità e di godere della vita, è importante che li ascoltiamo e non ignoriamo. Sono dei ‘segnali amici’, che ci stanno avvisando che ci stiamo trascurando e che abbiamo bisogno di correre ai ripari. 

Lo stress parte da quello che si chiama l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), una serie di interazioni fra le ghiandole endocrine del cervello e del rene, che controlla la reazione del nostro organismo allo stress.
Quando il cervello rileva una situazione stressante l’asse HPA è immediatamente attivato e rilascia un ormone chiamato cortisolo, il quale innesca nel corpo una reazione immediata.

Ma alti livelli di cortisolo per lunghi periodi di tempo possono danneggiare il cervello.

Ad esempio, lo stress cronico aumenta il livello di attività e il numero di connessioni neuronali dell’amigdala, il centro deputato alla paura  e alle risposte d’ansia nel cervello. Inoltre, quando i livelli di cortisolo aumentano, viene inibita l’attività cerebrale nell’ippocampo, la parte del cervello associata all’apprendimento, memoria e controllo dello stress, e diminuiscono le connessioni sinaptiche.

L’ippocampo inibisce anche l’attività dell’asse HPA, così quando si indebolisce, viene inibita anche la capacità di controllare lo stress.

Ma non è tutto, però. Il cortisolo può letteralmente portare il cervello a ridursi in termini di dimensioni, in particolare alla perdita di connessioni sinaptiche tra i neuroni e al restingimento della corteccia prefrontale, la parte del cervello che regola comportamenti come la concentrazione, il processo decisionale, il giudizio e l’interazione sociale.

L’aumento del cortisolo comporta anche una riduzione nella produzione di nuove cellule cerebrali nell’ippocampo. Questo significa che lo stress cronico può rendere più difficile apprendere nuovi concetti e ricordare le informazioni e rendere il soggetto più vulnerabile all’insorgenza di disagi mentali, come la depressione ed eventualmente il morbo di Alzheimer. Gli effetti dello stress possono arrivare in sintesi fino a livello del DNA del cervello.

Un esperimento ha dimostrato che la quantità di accudimento che un ratto madre fornisce al proprio cucciolo gioca un ruolo importante nel determinare il modo in cui il piccolo risponderà allo stress più avanti nella vita. I cuccioli di madri accudenti si sono rilevati meno sensibili allo stress, perchè i loro cervelli hanno sviluppato più recettori del cortisolo, che aderiscono al cortisolo e smorzano la risposta allo stress. I cuccioli di mamme negligenti hanno avuto l’esito opposto, divenendo più sensibili allo stress per tutta la vita. Questi sono considerati i cambiamenti epigenetici, i quali influenzano quali geni verranno espressi e quali no, senza modificare direttamente il codice genetico. Questi cambiamenti possono essere invertiti se vengono invertiti gli stili di accudimento. C’è inoltre un risultato sorprendente: i cambiamenti epigenetici causati da un singolo ratto madre sono stati tramandati per molte generazioni di ratti dopo di lei. In altre parole, i risultati di queste azioni erano ereditabili.

Questo significa che i danni da stress non vanno sottovalutati. Ma c’è anche una gran bella notizia!

Ci sono molti modi per invertire i cambiamenti che il cortisolo opera sul cervello stressato. Quali sono?

Un’alimentazione sana, l’attività fisica, soprattutto se a contatto con la natura, la respirazione profonda, la meditazione, la musica e il coltivare un hobby creativo, sono tutte pratiche che possono aiutare a diminuire lo stress e incrementare le dimensioni dell’ippocampo, migliorando in tal modo la memoria e il benessere generale.

In molti casi, possiamo non farcela a invertire la rotta da soli e allora l’aiuto di un psicoterapeuta può diventare importante e una scelta di amore per se stessi e di coraggio.